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Da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli – Exaudi

Questa mattina presso il Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti al 19° Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e ha pronunciato loro il seguente indirizzo:

Discorso del Santo Padre

Okuma: Vi riconosceranno da come vi amerete

Cari fratelli, buongiorno e benvenuti!

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Piacere di conoscerti. Ringrazio il Superiore Generale per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi che partecipate al 19° Capitolo Generale dei Missionari Comboniani del Sacro Cuore di Gesù: Mi avete invitato a casa vostra per la prossima Festa di Gesù per festeggiare il venerdì. Grazie sarò lì con la preghiera; ma già oggi viviamo questo nostro incontro nella prospettiva e nello spirito del mistero del Cuore di Cristo, con cui il carisma di S. Daniele Comboni è relativo capitolo: “Io sono la vite, voi siete i tralci. Radicati in Cristo insieme a Comboni”. La missione, infatti, — la sua sorgente, il suo dinamismo ei suoi frutti — dipende tutta dall’unione con Cristo e dalla potenza dello Spirito Santo. Gesù lo ha detto chiaramente a coloro che ha scelto come «apostoli», cioè «inviati»: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Non ha detto: “Puoi fare poco”, no, ha detto: “Non puoi fare niente“. In che modo vuoi dire? Possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se noi non siamo in lui e se il suo spirito non passa attraverso di noi, tutto ciò che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale niente per il regno di Dio.

D’altra parte, se siamo come tralci che ben pendono dalla vite, il succo dello Spirito di Cristo ci permea e tutto ciò che facciamo porta frutto, perché non è opera nostra, ma è l’amore di Cristo che opera attraverso di noi. Questo è il mistero della vita cristiana e specialmente della missione ovunque, in Europa come in Africa e negli altri continenti. Il missionario è il discepolo così unito al suo Maestro e Signore che le sue mani, la sua mente, il suo cuore sono “canali” dell’amore di Cristo. Ecco cos’è il missionario, non è un missionario. Perché il “frutto” che vuole dai suoi amici non è altro che l’amore, il suo amore che viene dal Padre e che ci dona con lo Spirito Santo. È lo Spirito di Cristo che ci fa avanzare.

Per questo alcuni grandi missionari, come Daniele Comboni, ma anche, per esempio, Madre Cabrini, hanno vissuto la loro missione e si sono sentiti ispirati e “spinti” dalla missione. Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo. E quella “spinta” ha permesso loro di uscire e andare oltre: non solo confini e confini geografici, ma soprattutto, i propri confini personali. Questo è un motto che deve “fare rumore” nel tuo cuore per te: vai avanti, vai avanti, vai avanti, tieni sempre gli occhi fissi all’orizzonte, perché c’è sempre un orizzonte da oltrepassare. La potenza dello Spirito Santo ci fa uscire da noi stessi, dalla nostra vicinanza, dal nostro egoismo e ci permette di raggiungere gli altri, le periferie dove la sete del vangelo è più grande. È curioso che la peggiore tentazione che i religiosi affrontiamo nella vita sia l’autoreferenzialità; e questo ci impedisce di andare oltre. “Ma per andare oltre, ci devo pensare, vedi…”. andare! andare! andare! Vai all’orizzonte e che il Signore cammini con te. Ma quando iniziamo questa psicologia, questa spiritualità “specchio”, smettiamo di andare oltre e torniamo sempre al nostro cuore malato. Tutti abbiamo il cuore malato e la grazia di Dio ci salva, ma senza la grazia di Dio spezzata, tutti! Questo è importante: andare oltre con lo spirito.

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La qualità essenziale del cuore di Cristo è misericordia, compassione, tenerezza. Questo non va dimenticato: lo stile di Dio, già nell’Antico Testamento, è questo. Vicinanza, compassione e tenerezza. Non c’è organizzazione, no, vicinanza, compassione, tenerezza. E poi penso che sei chiamato a portare quella testimonianza dello “stile di Dio” – vicinanza, compassione, tenerezza – nella tua missione, dove sei e dove lo Spirito ti condurrà. La misericordia, la tenerezza è un linguaggio universale che non conosce confini. Ma voi portate questo messaggio non tanto come singoli missionari, ma come comunità, e ciò implica che non solo lo stile personale ma anche lo stile comunitario deve essere coltivato. Gesù disse ai suoi amici: “Dal tuo amore conosceranno che siete miei discepoli” (cfr Gv 13,35), e il libro degli Atti lo conferma quando lo riferiscono alla prima chiesa di Gerusalemme godeva della stima di tutto il popolo perché la gente vedeva come viveva (cfr 2,47; 4,33): nell’amore.E spesso lo dico con amarezza – parlo in generale, non di te perché non ti conosco – spesso troviamo che alcune comunità religiose sono un vero inferno, un inferno di gelosie, di lotte di potere. .. E dov’è l’amore? È strano, queste comunità religiose hanno delle regole, hanno uno stile di vita… ma manca l’amore. C’è tanta invidia, gelosia, lotta per il potere, e loro perdono il meglio, questa è la testimonianza dell’amore, ecco cosa attrae le persone: l’amore tra noi, che non ci spariamo, ma andiamo sempre avanti.

A tal fine, affinché lo stile di vita della comunità dia una buona testimonianza, sono importanti anche i quattro aspetti sui quali hai scelto di lavorare nel tuo capitolo: la regola di vita , istruzione, servizio e comunione dei beni. La distinzione riguarda la modalità, il modo in cui questi elementi sono impostati e vissuti affinché possano rispondere il più possibile alle esigenze della missione, cioè della testimonianza. Questo è molto importante: si inserisce nell’«urgente rinnovamento ecclesiale» in chiave missionaria a cui è chiamata tutta la Chiesa (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27-33). È una conversione che parte dalla coscienza di tutti, coinvolge ogni comunità e giunge così al rinnovamento dell’intero istituto.

Vorrei sottolinearlo anche qui, anche nell’impegno verso questi quattro – interconnessi uno – Aspetti: Tutto deve essere fatto nella docilità allo Spirito Santo affinché i piani, i progetti, le iniziative necessari soddisfino tutti i bisogni dell’evangelizzazione, e intendo anche lo stile dell’evangelizzazione: che sia gioioso, mite, coraggioso, paziente, Misericordia piena, affamata e assetata di giustizia, pacifica, insomma: lo stile delle Beatitudini. Questo è importante. Sulla base di questo criterio fondamentale devono essere determinati anche l’ordine della vita, l’educazione, gli uffici e l’amministrazione dei beni. “La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore […]. La comunità evangelizzatrice si prepara all’“accompagnamento”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, non importa quanto duri e lunghi possano essere. Conosce i lunghi tempi di attesa e la perseveranza apostolica. L’evangelizzazione richiede molta pazienza […]. Si prende cura del grano e non perde la calma a causa delle erbacce. […] Il discepolo sa dare tutta la sua vita e testimoniare Gesù Cristo, fino al martirio, ma il suo sogno non è quello di riempirsi di nemici, ma che la Parola sia accolta e ne riveli la forza liberatrice e rinnovatrice . Del resto, la Chiesa evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebrate e celebrate ogni piccola vittoria, ogni passo in avanti nell’evangelizzazione” (Evangelii gaudium, 24).

Ecco, cari fratelli, ho voluto questo brano di Evangelii in Remembrance chiamate gaudium sapendo di avere buone intenzioni, proprio per la gioia di condividere con voi la passione per l’evangelizzazione. Il Signore ti benedica e la Madonna ti protegga. Buon proseguimento del lavoro del capitolo. Benedico te e tutti i tuoi fratelli dal profondo del mio cuore. E ti chiedo per favore di pregare per me. Grazie!

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