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Le Tasse nel Medioevo – Zhistorica

Le tasse nel Medioevo? È difficile trovare qualcosa nella storia umana che abbia attirato maledizioni popolari più che tasse.

Che si tratti di imposte dirette, tributi, tasse o altro, sono sempre stati considerati un fastidioso attacco alla ricchezza individuale e al duro lavoro di una persona o di un’intera famiglia.

Sul piano come invece leggiamo in un famoso saggio sugli onori nel 18° secolo:

Okuma: Come si chiamavano le tasse nel medioevo

“Gli onori sono necessari per tutte le persone che si raccolgono nella società civile. Il sovrano non può farne a meno; i sudditi cesserebbero di essere sudditi se si rifiutassero di prestarli. In una famiglia ordinata, tutti i membri accumulano una parte delle loro entrate o guadagni per le spese comuni: e perché non dovrebbe essere fatto anche in uno stato?”

Il Medioevo, come te può immaginare, non fa eccezione. Ovviamente le differenze tra tempi e luoghi sono enormi. È un discorso che abbiamo pronunciato più volte, parlando ad esempio della famiglia medievale o dei mercanti medievali, ma vale la pena ripetere che è difficile raccogliere i contributi che furono fatti nel 1450 da un contadino vicino di Mosca e nell’850 da un mercante di Granata. Un discorso che abbiamo già tenuto, sostanzialmente sulla famiglia medievale.

L’intero periodo ci lascia però l’imbarazzo della scelta tra le diverse tipologie di tassazione. Ovviamente si tratta di un tipo di tassazione molto lontana dalle complessità del diritto tributario moderno, con pagamenti all’autorità basati sul lavoro personale (corvée), sulla proprietà di terreni, sulla produzione di terreni agricoli o su beni specifici. C’è anche uno scontro costante tra tassazione signorile ed vescovile, che porta anche a veri e propri conflitti.

Ma nel nord Italia dalla fine del XII secolo e nel resto d’Europa nel successivo, le principali entrate dello Stato deriva dall’imposta sul reddito dei cittadini e non dalle gabelle sul patrimonio individuale. Oltre a tasse e tributi, c’è quindi uno spread della stima, ovvero la descrizione e la stima del patrimonio dei cittadini ai fini fiscali.

GABELLA DEL SALE

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1318 portato Firenze introduce una nuova tassa sul sale che deve essere riscossa su tutto il territorio comunale. Tre anni prima la città aveva smesso di utilizzare lo strumento estimativo ed è necessario trovare una nuova fonte per reintegrare le casse comunali. La durata del fork è fissata in un anno, ma sembra che sia stato rinnovato alcune volte e il metodo di riscossione è uno dei più complessi che conosciamo, con distribuzioni diverse tra il sesto cittadino e la ripetizione dei conti a almeno tre volte. L’importo totale che Firenze deve ricavare dalla Gabelle, 60.000 fiorini, giustifica ancora questo zelo esagerato. Piero Gualtieri (PhD Università di Firenze) sottolinea che “la tassa promossa dalla Signoria nel 1312, e quindi con il pericolo imminente di Enrico VII, per la città fu fissata in 30.000 fiori”, dandoci un importante Parametri di riferimento per la valutazione

La prima relazione urbanistica è quella redatta dai consoli di Pisa nel 1162, seguita da Faenza (1168), Siena (circa 1170), Lucca (1182) e Firenze (1202). La regione Toscana, che sta vivendo un momento di grande crescita economica e istituzionale, è quindi la prima ad utilizzare il nuovo strumento, che trova poi consensi anche più a nord. A Milano si manifestò la necessità di una più organizzata amministrazione del sistema tributario in età comunale, e nel 1248 fu pubblicato un preventivo e un catasto dei beni di tutti i cittadini, forse realizzato nei decenni precedenti.

Nella maggior parte dei casi, e qui l’esempio può essere Firenze nella seconda metà del XIII secolo, la stima è divisa in tre parti: campagna, città e nobiltà.

Il governo della città decide l’importo totale da pagare e poi divide l’onere totale secondo vari criteri. La prima divisione è tra urbano e rurale, ma non abbiamo ricevuto stime precise delle relative percentuali. La città a sua volta è divisa in Sesto, parrocchie e popoli, il paese in chiese parrocchiali. Una volta raggiunta questa suddivisione territoriale, si passa alla fase più complessa, quella della quota individuale. È qui che sorgono i problemi più grandi, dal momento che le persone continuano a cercare di mostrarsi meno abbienti o di appartenere a un altro popolo oa un’altra comunità. In breve, l’evasione fiscale è vecchia quanto il fisco stesso.

Il prof. Roberto Cessi, in un articolo per l’Archivio Storico Italiano del 1931, scrive che poco prima dell’abolizione del preventivo a Firenze, l’aliquota d’imposta totale sul reddito e sulla ricchezza di ciascun individuo è di circa il 25%.Si tratta, tra l’altro, di una percentuale più onerosa rispetto agli immobili per chi vive di rendita mobile, che per loro stessa natura è più soggetto a oscillazioni.

L’abolizione della perizia ha avuto vita breve , però. Fu reintrodotto nel 1325, e nel 1327, per la prima volta, oltre alle tariffe per la proprietà di un fabbricato o di un podere, ci sono tariffe per guadagno personale, che superano di gran lunga quelle per mobili e fabbricati. Per dare un quadro più accurato, nella Firenze del 1327 si passa da un’aliquota dello 0,83% per le case all’1,25% per i rustici, fino all’1,66% per i beni mobili e aliquote progressive per guadagno personale, che vanno dall’1,66% a oltre il 5%

LA STIMA DI PISA NELL’ANNO 1162

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Il procedimento di redazione del preventivo di Pisa utilizzato per le somme lineari può fungere da archetipo per le stime di altre città urbane, è stata descritta da Cinzio Violante in Economia, società, istituzioni a Pisa nel medioevo. Saggi e ricerche (1980): “I consoli entrati in carica si impegnarono a eleggere cinque o più uomini per ogni porta della città prima del 1 febbraio, ai quali sarebbe stato richiesto di compilare un elenco di cittadini maschi e femmine delle singole porte che c’erano soggetto a imposta diretta (“data”). Entro i tre mesi successivi, cioè entro il 1° giugno, i consoli dovettero convocare tutti i cittadini della lista di cui sopra che si trovassero a Pisa e che fossero maggiorenni per poter prestare giuramento. I cittadini così convocati dovevano giurare che ciascuno, entro un mese, avrebbe consegnato ai consoli una dichiarazione scritta contenente la descrizione quantitativa di tutti i suoi beni, indicando il luogo in cui si trovano e una descrizione dei beni. Mobili.”

Insomma, un lunghissimo processo in cui fondamentale era la precisione del privato, operante sempre sotto giuramento.

La necessità di avere sempre una visione più precisa e precisa del patrimonio di ogni cittadino porta il governo di Firenze a immaginare uno strumento ancora più accurato della stima: il catasto. Nonostante l’opposizione dei cittadini più facoltosi, il catasto fiorentino fu promulgato nel 1427. Qualsiasi proprietario soggetto a severe sanzioni, tra cui il confisca dei propri beni occulti o il pagamento della doppia imposizione, è infine obbligato a fornire una descrizione accurata, secondo le linee guida catastali, dei propri beni e l’esatto ammontare del reddito derivante dai beni stessi.

Inoltre alla perizia e poi al catasto si lasciano con le forche. Si tratta di tasse che, a seconda del tempo e del luogo, possono incidere su beni o transazioni, dall’olio ai cavalli, dai dipartimenti immobiliari al vino. L’imposta sul sale rimase una delle più fastidiose e odiate nel Medioevo. Come nel resto d’Europa, sono i privati ​​che possono ottenere la riscossione dei tributi. In breve, acquisiscono il diritto di riscuotere da altri cittadini depositando una somma concordata di valuta forte nella tesoreria del comune. Un tipo di tassazione, quindi in maniera simile a quella della tarda antichità romana.

Il rapporto tra Gabelle e Stima è ben spiegato dalla situazione a Pisa alla fine del 1344, quando la città dovette sostenere le spese della guerra con Firenze per il possesso di Lucca. L’amministrazione comunale affida agli anziani il compito di sistemare le finanze, ma anche i nuovi tentativi di stima sono poco fruttuosi. A questo punto, gli anziani cercano di compensare con una tassa sul vino che dovrebbe portare a 15.000 fiorini, ma finisce per portarne solo 8.000 in contanti. Poiché il disavanzo annuale del bilancio comunale è ancora di oltre 12.000 fiorini, anche lo strumento del prestigio viene utilizzato in maniera massiccia.

In pratica, ai commercianti e ai cittadini facoltosi viene chiesto di prestare denaro al comune con la promessa di sarà loro rimborsato ad un buon tasso di interesse. Tuttavia, i tassi dei vari prestiti obbligatori sono unificati al 10%, indipendentemente da quelli originariamente fissati, e addirittura al 5% nel 1370. Inoltre, i prestiti obbligatori diventano nel tempo più numerosi e più stretti, diventando veri e propri atti di coercizione. Nel 1374 quindici mercanti vengono “invitati” a pagare 9.000 fiorini; Nel 1376 fu imposto un nuovo prestito forzato di 24.000 fiorini.

Proprio i comuni italiani, gli stessi che gettano le basi di tanti moderni istituti giuridici e strumenti finanziari per realizzare una sperimentazione fiscale sempre più complessa e vicina alle esigenze di agglomerati urbani molto attivi.

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